Ci sono posti nel mondo dei quali ti innamori come se fossero delle persone e non pensavo che fosse possibile prima di visitarli, viverli e farli entrare sotto la mia pelle.
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Sono molto legata a posti diversi tra di loro per motivi differenti: Milano, dove sono nata, ho studiato, vivo e lavoro; Napoli, dove ho le mie radici; Ubud, a Bali, dove ho vissuto una esperienza di viaggio molto intensa e la Jamaica, dove è nato il padre di mia figlia, l’uomo con cui ho realizzato la cosa migliore che potessi fare nella mia vita: mia figlia. Verso Milano e Napoli il sentimento che nutro è paragonabile a quello che si prova per qualcuno di famiglia: non te lo sei cercato ma ti è capitato; a volte ne faresti addirittura a meno…ma comunque gli vuoi bene. Poi sono stata in Indonesia e in Jamaica è ho scoperto che ci si può innamorare di un posto così come ti innamori di una persona. E provare il medesimo ventaglio di emozioni: le farfalle nello stomaco, l’agitazione, l’euforia, la voglia di vedersi non appena ci si saluta, il desiderio di stare insieme per sempre…l’Amore.
Della Jamaica mi sono perdutamente innamorata.
La Jamaica mi ha reso felice mentre ero lì e continua a farlo anche da lontano. Mi basta pensare alla Jamaica e sto bene. Mi si illuminano gli occhi e chi mi sta di fronte se ne accorge. Perché? Non è per il sole, la sabbia bianca, uno dei mari più belli che abbia visto nella mia vita, le palme alte e i tramonti da togliere il fiato. No, quella è una bellissima cornice. È per il quadro:
Ti svegli con la musica, vai a letto con la musica. Musica ovunque, in chiesa, per strada, sui taxi, all’aeroporto, nei negozi, nelle scuole. Musica. Musica. Musica.
Music is life.
E questa musica non è semplicemente della musica e bon. È cultura, è lo specchio della società, è la voce degli insegnamenti degli anziani, è l’amore per l’isola, è l’orgoglio di avere le radici nella terra di Mamma Africa, è il “dream of brighter days”.
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Jah, Dio, è dappertutto. Che tu ci creda o meno, non importa, puoi anche sostituire il nome “Jah” con natura, cielo, cosmo, cioccolato o quello che ti pare. È la fede che conta. Dalle verdi e selvagge hills i rasta urlano le loro preghiere con tutta la forza che hanno i quegli addominali tonici e scolpiti “Only Emmanuel King Selassie-I….Jaaaaaaaaah Rastafara-I”.
È la fede in un potere che non è fuori, ma è dentro ognuno di noi.
Basta imparare a entrarci in contatto. “Give thanx the source of the sacred is encoded in I&I”.
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La cucina I-tal (vegana) è una magia. Se osservi un rasta cucinare, ti sembra uno stregone che nel pentolone mixa chissà quali ingredienti per ottenere pozioni magiche. Non hai bisogno di entrare nelle loro case per assistere a questa performance, lo fanno per strada a qualsiasi ora del giorno e della notte. E ogni cibo che ti preparano ha una funzione ben precisa eh: ocra per rinforzare “the back” (soprattutto per gli uomini…non vorrete mica scontentare le vostre donne a letto?), coconut water “to wash off your heart” e così via. Nei prodotti della natura trovano un rimedio a tutto.
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E poi last but not least…lì in Jamaica ho due meravigliose step daughters con le quali ho imparato a fare la mamma e una nonna incredibile che mi ha insegnato moltissimo e a cui va tutto il merito di aver cresciuto ed educato il padre di mia figlia. Queste persone e la Jamaica mi hanno insegnato che
la vita ha due facce inseparabili e imprescindibili l’una dall’altra:
la bellezza e l’orrore, la vita e la morte, la gioia e la sofferenza, la gentilezza e la durezza…e va bene così. Voi potreste dirmi, avevi bisogno di andare così lontano per impararlo? No, è vero, la dualità della Vita è qualcosa di cui facciamo esperienza sin da piccoli, ma diciamo che la Jamaica me l’ha proprio sbattuta in faccia questa cosa. Perché non è un posto che le cose te le manda a dire, è molto diretto e crudo. Se ti piace, bene, se non ti piace, arrivederci…di certo non ti pregherà di restare, ma se lo farai, ti darà ottimi motivi per tornare. E tornare. E tornare.
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La Jamaica è un “Ghetto Paradise”,
un luogo da cartolina dove la delinquenza fa morti quotidianamente e la povertà è ancora troppo presente. È però sempre tutto accompagnato dal sorriso e dalla dignità. Sorridono perché comunque ci credono davvero che
“every little thing is gonna be alright”
e sono dignitosi perché la loro storia ha conosciuto troppa schiavitù e discriminazione per non camminare oggi a testa alta e orgogliosi della propria pelle, radici e capacità. La Jamaica è piccolissima, ma è conosciuta ovunque per la sua cultura musicale, che ha reso il reggae un genere noto a livello globale, e per i suoi talenti sportivi. Lì dicono “Jamaica is likkle but tallawah”, la Jamaica è piccola ma molto forte e io credo che lo sia perché spinti dal dolore e dalla sofferenza hanno dovuto scavare dentro i propri talenti per uscire dal fango, dal niente, dalla fame.
Questo mi ha insegnato: nella vita c’è la merda, ma ci sono anche i fiori e sono bellissimi, basta saperli cogliere.
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